STRUTTURA

La Storia del Partito Sardo D’Azione

PREAMBOLO

Humus culturale e politico che fece da premessa alla nascita del partito nazionale dei sardi

Il sentimento identitario,  sublimato nel concetto di Natzione, scorre in tutta la storia sarda come un fiume carsico che a volte emerge prepotentemente travolgendo tutto; altre invece si immerge e sembra scomparire nella vastità della cavità terreste. Ed è appunto in una di queste alterne fasi che per agganciare questa insopprimibile esigenza dei sardi di essere padroni del proprio destino e di godere di una forma di autogoverno, questo fiume, facendo leva sull’unità morale dei sardi, ha trovato maturazione e principi di concreta attuazione negli eventi storici che hanno caratterizzato, tra la fine della prima e l’inizio  della seconda metà del 1800,  il processo di costruzione dello Stato unitario. 

In questo contesto storico, infatti, meglio si  è concretizzata l’esigenza di un partito che rappresentasse questo diritto imperscrittibile dei sardi all’interno della nascente struttura ordinamentale dello Stato italiano e si comprende come la nascita del PSd’Az sia stato un parto preannunciato, fortemente voluto e in qualche modo anticipato.

Infatti, già nel momento precedente l’avvio del processo unitario, in Sardegna il modello costituzionale da adottare era oggetto di vivaci discussioni e forti contrapposizioni. Nella nostra Isola era forte la propensione per la costituzione di un ordinamento del Regno in senso federale. Il riferimento era al modello federale proposto dal Cattaneo che in Sardegna riscuoteva molti consensi.

Purtroppo, nei centri decisionali dello Stato, ebbero preponderanza le spinte che consideravano una futura struttura federale disgregante e nociva per il costruendo processo di formazione dello stesso. Per dare conto del clima che pervadeva l’epoca, va ricordato che il Ministro dell’Interno Minghetti, del gabinetto di Cavour, fu costretto a ritirare ben 4 sue proposte di legge che prevedevano un principio di decentramento amministrativo su base regionalistica. 

Prevalse la forma centralizzata e accentratrice dello Stato, con tutto quello che ne è conseguito: mortificando le vicende successive sull’aspirazione del Popolo sardo al riconoscimento all’interno dello Stato delle sue peculiarità storiche, politiche e culturali. 

In Sardegna la contrapposizione fra centralisti unitari e autonomisti federalisti assunse una connotazione con tonalità ancora più marcate, aspre e intense. La lettura del brano che di seguito si propone, suggerisce notevoli spunti di riflessione circa le tematiche federaliste, così com’erano sentite e vissute dagli intellettuali, studiosi e politici sardi dell’epoca. Ma ancora di più segna il momento in cui il pensiero federalista si fa collettivo sentire dei sardi e da ipotesi diviene progetto politico concreto. Il tutto da realizzare attraverso uno strumento di rappresentanza, unitario e intrinsecamente connesso col territorio e il suo popolo, delle istanze dei Sardi.

Si tratta di un articolo scritto nel 1856 dall’Avvocato e Parlamentare sardo Gavino Fara per il giornale La Favilla:“ ….eppure in Sardegna questo Partito può sorgere, può rannodarsi, può divenire gigante. Non manca che una bandiera, e questa bandiera noi abbiamo il coraggio d’innalzarla. Noi vogliamo creare un PARTITO SARDO, per poter avere una rappresentanza veramente sarda, unita, compatta avente unità di pensiero, unità di scopo”.  E, poi, ancora: “…noi non siamo in politica con nessuno, e ci possiamo trovare con tutti tranne che con quelli che vogliono uccidere la libertà. Noi non siamo con la Sinistra, non con la Destra, non col centro, noi intendiamo formare alla Camera un partito separato dai partiti esistenti. Noi vogliamo formare un PARTITO SARDO….”

Seppure riferendosi ancora a circostanze e fatti in divenire, l’autore in questi pochi passaggi, con mirabolante intuizione, toccò quelle che furono in seguito le motivazioni che diedero la spinta alla nascita del PSd’Az, anticipandone le ragioni.

Ma quello del Fara non era un sentimento isolato. Esisteva all’epoca una fiorente letteratura, sorretta da un fortissima corrente di pensiero, rappresentata dalle opere di illustri federalisti e autonomisti sardi.

Fra questi il liberale Siotto-Pintor, il repubblicano  Asproni e il sindacalista rivoluzionario Attilio Deffenu. Su tutti Giovanni Battista Tuveri -precursore, padre spirituale e ispiratore del pensiero sardista che già nel 1867 dichiarava:  “Un’Isola  qualunque  non  può  prosperare  ove  non  si governi da sé e non abbia tutta  l’indipendenza  che  può  conciliarsi  colle  prerogative del potere centrale più limitato”. Da queste letture si deduce che nella sostanza un partito sardo già esisteva nella realtà politica della nostra Isola. 

Nella frase del Tuveri, in particolare, troviamo un altro elemento cardine delle tematiche sardiste: la visione dello Stato federale. 

Ecco perché la straordinaria figura di Tuveri è di fondamentale per il pensiero sardista importanza in ordine ai seguenti motivi:

1.  diede forma politica alla millenaria “Questione sarda”, con cui si sintetizzava l’insieme dei problemi strutturali che rendevano, e rendono la Sardegna una entità ellittica non gestibile con istanze fusioniste e accentratrici; (Per “Questione sarda si intende genericamente  l’insieme di problemi istituzionali, politici economici, sociali e culturali i quali hanno caratterizzato, nel corso della di una storia millenaria, la condizione di subalternità della Sardegna rispetto alle varie  dominazioni subite). 

2. trovò in controtendenza alla piemontesizzazione d’Italia, la soluzione federale come unico codice per affrontare i nodi speciali della Questione Sarda visti in un’ottica sovra-regionale e internazionale

Due sono gli episodi storici che resero la Questione Sarda, di matrice tuveriana, ancora più drammaticamente attuale:

1. la perfetta fusione del 1848, con cui i Sardi rinunciavano, soprattutto simbolicamente, alle vecchie e ormai non più funzionanti istituzioni autonomistiche, con il risultato di rinunciare a qualsiasi soluzione alternativa alla specialità isolana;

2. le vicende della tentata cessione dell’Isola alla Francia: tra il 1860 e il 1861, su istanza di Cavour, si tentò di dar vita a un progetto inattuabile sul piano geopolitico, ma di certo il solo tentativo di dar vita a una trattativa internazionale dimostrava l’assoluta estraneità della Sardegna all’Italia: lo testimonia, proprio sul piano simbolico, la celebre formula, coniata da Cavour, della Sardegna come “terza Irlanda”.

Dopo un periodo di oblio, cui fu relegato da parte del mondo intellettuale sardo, fu  grazie al magistero del grande filosofo del diritto Gioele Solari, docente a Cagliari tra il 1912 e il 1915, che Tuveri, morto appena 25 anni prima, tornò da protagonista sulla scena storica, intellettuale e politica: infatti tutta la generazione combattentistica e poi i sardisti della prima ora, si formarono sui testi di Solari, scoprendo che la Sardegna aveva una storia nobile e che Tuveri aveva anticipato tutte le tematiche che in quegli anni erano di estrema attualità. 

La nuova Questione Sarda trovò quindi ulteriore autorevolissima linfa, il federalismo fu considerato la vera soluzione ai problemi della Sardegna, e per la prima volta si delineò in termini operativi l’intuizione ottocentesca di dar vita a un Partito Sardo erede della migliore tradizione plurimillenaria della storia isolana.

Negli scritti di Bellieni, Cao, Puggioni, Pilia e nel Lussu sardista ( dal 1948 in poi per sua scelta non fu più tale ) sono non a caso presenti importanti riferimenti a Tuveri e al federalismo da lui rappresentato. 

Questo il terreno che favori l’avvento del  PSd’Az che per nascere aveva solo bisogno di una scintilla che ne accendesse il fuoco e facesse da detonatore. L’occasione fu offerta dall’ingresso dell’Italia nella I° guerra mondiale.  E questa scintilla scoccò quando lo Stato decise di offrire all’evento bellico il proprio contributo di sangue, lutti, e sciagure: i Sardi furono raggruppati in una brigata  costituita dai reggimenti 151º e 152. La famosa e gloriosa BRIGATA SASSARI.

Il trauma delle vicissitudini belliche alimentò il fuoco che ardeva da secoli nel popolo sardo, esaltando quella comunanza di tradizioni, territorio e lingua che ne delineava la nazionalità.

Tanto che uno dei padri del Partito, Luigi Battista Puggioni, ebbe a dire a tal proposito: “ La Brigata Sassari fu il più profondo sacrificio collettivo che la Sardegna abbia mai compiuto…..” e ancora: “quando la Brigata Sassari si muoveva era la Sardegna che marciava con il suo popolo migliore… le sofferenze comuni fecero comprendere il valore dell’unità di razza….. strinsero un nodo che non si scioglierà mai più… si avvertì chiaramente l’unità della lingua. C’è una lingua sarda……”

Dalla Grande Guerra rientrò in Sardegna una generazione di sardi forti di una esperienza che li aveva plasmati e consegnati alla storia. I reduci ardenti di quell’idem sentire di popolo, forgiatosi nelle trincee, compresero che quella esperienza non doveva spegnersi nell’oblio e decisero di adoperarsi per contribuire allo sviluppo e al futuro progresso della ritrovata terra natia. 

Per dare concretezza al progetto e rappresentanza politica si riunirono dapprima in Federazione dei Combattenti. Ma presto si resero conto delle limitazioni di tale scelta, e vollero – dopo un acceso dibattito interno fra favorevoli e contrari –, allargare la base del loro movimento a tutte le componenti della collettività sarda che intendevano rappresentare. 

Uno dei protagonisti in assoluto della nascita del Partito Sardo d’Azione fu Camillo Bellieni (allievo di Solari ) il quale già nel 1919 ragionava sulla necessità di una più decisa politicizzazione degli ex combattenti attraverso la costituzione di un Partito Sardo d’Azione che “sarebbe stato sardo e regionalista -in  questo caso inteso come autonomista- nel senso che avrebbe dato espressione agli interessi della collettività isolana”. 

Secondo Bellieni il Partito Sardo d’Azione non avrebbe dovuto confondersi né con i democratici né coi socialisti che rappresentavano interessi settentrionali contrari a quelli dell’Isola. L’idea non venne inizialmente accolta con l’unanimità dei consensi. Ma a rompere ogni indugio ci pensò, in accordo con Bellieni, la sezione degli ex combattenti di Tempio, i quali nel marzo del 1920 costituirono la prima cellula di una sezione del PSd’Az, formalmente non ancora nato, con ben 1.500 iscritti.

La realtà del partito sardo, quindi, appare fin dal suo esordio intimamente connessa alle problematiche autonomiste e federaliste. Già nei primi due congressi della Federazione dei Combattenti sardi (1919) era presente nelle enunciazioni programmatiche la rivendicazione di autonomia riferita all’intera Regione, in una sfera amministrativa, che in uno stato monarchico e accentratore costituiva comunque una coraggiosa e originalissima innovazione.

Nel III Congresso dei combattenti, tenutosi a Macomer nell’agosto del 1920, si ebbe una più matura riflessione dell’istituto autonomistico e, per la prima volta, si parlò apertamente di Federalismo. Un Federalismo embrionale, privo di elaborazioni concettuali e programmatiche, ma pur sempre importante in quanto, per dirla con parole di Lussu, rivendicava una “Sardegna assolutamente autonoma nello stato repubblicano a Federazione amministrativa”. 

Lo stesso Lussu con De Lisi (pseudonimo di Davide Cova) sollevarono il problema delle comunità e minoranze etniche non riconosciute per le quali non era sufficiente l’autonomia, ma si propugnava la forma giuridica di Stato Libero. 

Lussu e De Lisi, furono quasi certamente gli estensori della CARTA di MACOMER che costituì il programma politico e ideologico del futuro PSd’Az. Diverse sono le ipotesi sulla attribuzione della paternità di questo documento. 

Di vero c’è che la Carta di Macomer contiene moltissimi punti di contatto con la Carta del Carnaro, il documento dei reduci fiumani stilato da Alceste De Ambris, poi  riveduto e corretto da Gabriele D’annunzio. Lo stesso D’Annunzio, conosciuti i contenuti della carta di Macomer, dichiarò che se vi fosse stato un accordo preventivo l’unità di scopo raggiunta non sarebbe potuta essere più ampia. Lo schema del documento di Macomer è diviso in tre parti: a) un programma generale; b) un programma di riforme nelle attuali circostanze sociali e nazionali; C)  un programma regionale.

Le elezioni amministrative del 1920 confermarono l’anima rurale del movimento dei combattenti le cui liste conquistarono a metà dei comuni, compresi quelli di Nuoro e di Alghero. Durante queste elezioni le liste del Movimento dei combattenti utilizzarono per la prima volta come contrassegno la bandiera dei Quattro Mori, che sarà poi quello del Partito Sardo d’Azione.

Il IV Congresso dei combattenti, nelle giornate del 16 17 aprile del 1921, sancì la trasformazione del movimento in partito: nacque il Partito Sardo d’Azione: Camillo Bellieni fu eletto Direttore. Occasione questa, in cui si affinò il concetto di autonomia fino ad intendere il “Diritto per la Sardegna di legiferare per se stessa”. Si parlò chiaramente di autogoverno del popolo sardo proponendo la trasformazione dello Stato in Repubblica che sarebbe stata organizzata in Federazione di regioni autonome. In quella decisione storica si passava dal recupero storiografico (indispensabile per sentirsi Nazione) al progetto politico che avrebbe dovuto interpretare la specialità isolana ad esclusivo vantaggio della costituenda Natzione Sarda.

Questi lineamenti programmatici riconducono al motivo ideale del Partito che è la conquista in Sardegna dell’autogoverno con la riaffermazione della necessità di un partito di popolo che sappia redimere l’Isola. I quattro punti all’ordine del giorno che costituiranno la piattaforma del partito futuro sono:  l’autonomia nel suo intrinseco legame con la sovranità popolare che rifiuta tanto «rivoluzionarismo violento quanto il possibilismo democratico»; l’autonomia amministrativa che escluda ogni «ponderoso organo burocratico»;  la libertà di commercio o autonomia doganale;  il cooperativismo come superamento della lotta di classe. La nuova acquisizione teorica del Congresso, operata ancora una volta da Bellieni, faceva della regione un realtà naturale e spirituale di Nazione all’interno di una desiderata Repubblica plurinazionale ad ordinamento federale. Il primo motto del Partito dava un chiaro messaggio sulla propensione della matrice federalistica del PSd’Az: “Prima sardi e poi italiani”.

pastedGraphic.png Camillo Bellieni

IL SARDISMO E L’AVVENTO DEL FASCISMO

Il primo impegno elettorale il Partito  Sardo d’Azione lo affrontò nel breve volgere di un mese dalla sua nascita. Alle elezioni politiche del maggio 1921, raccoglie circa 1/3 dei consensi elettorali dell’isola, cioè più del doppio dei voti socialisti (12,4%) e quasi tre volte quelli del PPI (11,3%). Pietro Mastino e Paolo Orano sono confermati deputati e risultano eletti anche Umberto Cao ed Emilio Lussu.

Lussu interviene per la prima volta nell’Aula di Montecitorio l’8 dicembre 1921, in occasione del dibattito per la raggiunta indipendenza irlandese, precisando che il Partito Sardo d’Azione è autonomista e non separatista. La tesi è ribadita da Bellieni, al II Congresso del partito, svoltosi a Oristano nel gennaio 1922, esponendo l’ipotesi di un’Italia “riordinata su basi federali con la conquista delle autonomie regionali“.

Si erano intanto formati, anche in Sardegna, i primi fasci italiani di combattimento. Il Partito Nazionale Fascista è ben presto finanziato, a livello locale, dall’industriale minerario Ferruccio Sorcinelli, proprietario dell’Unione sarda, in funzione anti-operaia.

Il III Congresso del PSdAz è preceduto dalla sconfitta subita alle nuove elezioni del Consiglio provinciale di Sassari, dovuta all’alienazione dei consensi degli ex-combattenti particolarmente sensibili verso la Casa Reale e per le prime adesioni al fascismo. Il Congresso si svolge a Nuoro il 28 e 29 ottobre 1922, contemporaneamente alla Marcia su Roma, con una massiccia presenza della forza pubblica. Secondo la testimonianza di Dino Giacobbe avrebbe prevalso una linea attendista.

Durante le celebrazioni del IV anniversario della vittoria, il 4 novembre 1922, a Cagliari, i fascisti sono espulsi dal corteo e costretti a riparare sotto la protezione della polizia. Lussu subisce un’aggressione ed è ferito durante un comizio. Per tale motivo non può presenziare al voto di fiducia al governo Mussolini, ma la contrarietà del Partito Sardo d’Azione al nuovo governo è espressa per bocca di Umberto Cao. Nel frattempo, la redazione del quotidiano autonomista Il Solco è incendiata e il militante Efisio Melis ucciso. Allo sbarco di duecento camicie nere a Olbia, provenienti da Civitavecchia (1º dicembre 1922), il partito sardo risponde, data la totale inerzia delle forze di polizia, dotandosi di una formazione paramilitare, le camicie grigie.

Per porre fine ai subbugli, Benito Mussolini invia in Sardegna, in qualità di prefetto, il generale Asclepia Gandolfo, decorato di guerra e iscritto al fascismo, con l’istruzione di proporre al PSd’Az la fusione con il Partito Nazionale Fascista. Gandolfo inizia a negoziare con Lussu che, dopo un iniziale interesse, si dichiarò totalmente contrario all’accordo, così come Camillo Bellieni, contrario sin dal principio, e Francesco Fancello, le sezioni sardiste di NuoroAlgheroTempio Pausania e quella di Sassari, che aveva chiesto la convocazione di un congresso per denunciare le lusinghe del PNF. Lussu depone allora l’incarico, rassegnando addirittura le dimissioni da deputato ma, nel frattempo, avevano già lasciato il partito per aderire al fascismo, Enrico Endrich e il deputato Paolo Orano.

Il congresso straordinario che si tiene a Macomer ai primi di marzo del 1923 vede fronteggiarsi due mozioni: quella anti-fascista, presentata da Davide Cova Giovanni Battista Puggioni, Lussu, Mastino, approvata, e quella dei sostenitori della fusione col PNF sostenuta da Pili che con le elezioni del 1924 passa tra le file del fascismo. Per alcuni e in particolare per Pili c’era l’ambizione di attuare i programmi del sardismo attraverso la copertura fascista, riuscendo a ottenere dal governo lo stanziamento, per la Sardegna, di un miliardo di lire da spendere in opere pubbliche: infatti egli si dà da fare nello studio di innovazioni dell’agricoltura e dell’allevamento; poi però (dopo il 1930) viene meno la sua leadership. Il 27 settembre 1925 si svolge a Macomer il V Congresso del PSdAz che fu definita “la manifestazione antifascista più importante che si sia svolta nel paese quell’anno”. I 250 congressisti confermano la ferma opposizione al fascismo quale “antilibertario, accentratore e protezionista”. All’assise sarebbe dovuto intervenire anche il comunista Ruggero Grieco, quale latore di un messaggio di Antonio Gramsci, nel quale si invitava il PSdAz a farsi promotore dell’unità tra contadini e operai, ma non gli viene concesso di leggere la comunicazione.

Il 31 ottobre dell’anno seguente Emilio Lussu reagisce al tentativo di aggressione da parte di alcuni fascisti, penetrati nella sua abitazione di Cagliari, con l’uccisione di un giovane squadrista. Contemporaneamente, il PNF provvede alla soppressione in Italia di tutti i partiti di opposizione, compreso il Partito Sardo d’Azione (R.D. n. 1848/26).

pastedGraphic.pngEmilio Lussu

Lussu è condannato all’esilio nell’isola di Lipari, dalla quale, attraverso un’azione rocambolesca compiuta insieme a Carlo Rosselli e Francesco Fausto Nitti, riesce a fuggire il 27 luglio 1929. Giunto a Parigi, nell’agosto del 1929, fonda il movimento antifascista Giustizia e Libertà, insieme a Carlo RosselliGaetano SalveminiAlberto Tarchiani, Francesco Fausto e Vincenzo Nitti.

Alcuni dirigenti sardisti seguiranno il percorso di Lussu, legandosi a Giustizia e Libertà e all’antifascismo europeo. Tra questi Francesco FancelloStefano Siglienti e Dino Giacobbe. Quest’ultimo parteciperà alla guerra civile spagnola, al comando della batteria Carlo Rosselli; nella stessa guerra troverà la morte il sardista Giuseppe Zuddas.

Altri continueranno la propria militanza antifascista resistendo alle violenze dello squadrismoLuigi Battista Puggioni assisterà alla distruzione del proprio studio di avvocato; Giovanni Battista Melis sarà incarcerato nel 1928 a MilanoCamillo Bellieni costretto a un’esistenza precaria in giro per l’Italia, sotto la stretta sorveglianza della polizia

Il dopoguerra e l’uscita della componente filosocialista 

Il 21 giugno 1943, a guerra in corso, a Bono, si celebra un congresso clandestino del PSdAz. Dopo la liberazione della Sardegna, nel novembre dello stesso anno, esce a Sassari Lineamenti del programma politico del Partito Sardo d’Azione, a opera del direttore uscente, Luigi Battista Puggioni. Nell’opuscolo sono ribaditi i valori storici e i programmi del partito: autonomia amministrativa e cooperativismo. In breve tempo il partito riesce a costituire 251 sezioni con circa 37.000 iscritti.

Nel frattempo, Emilio Lussu che, dopo l’assassinio di Carlo Rosselli aveva assunto la guida di Giustizia e Libertà, era rientrato in Italia dall’esilio nell’agosto del 1943 e aveva aderito al Partito d’Azione, sorto clandestinamente a Roma, nel giugno del 1942, con un programma repubblicano e antifascista ma anche con elementi di socialismo. Lussu si era adoperato affinché tutto il movimento Giustizia e Libertà confluisse nel nuovo partito e, sulla stessa linea era stato seguito da sardisti come Pietro MastinoFrancesco Fancello e Stefano Siglienti o simpatizzanti come Mario Berlinguer, entrati nei quadri del Partito d’Azione. I sardisti rimasti per la quasi totalità in Sardegna durante il ventennio, invece, avevano mantenuto un orizzonte politico focalizzato sulla loro isola. Si era costituita anche una fazione indipendentista, in analogia con quanto stava succedendo in Sicilia.

Lussu, dopo l’esilio, rientra in Sardegna sbarcando a Cagliari, il 30 giugno 1944, ed è accolto trionfalmente. Un mese più tardi, a Macomer, si svolge il VI Congresso del Partito Sardo d’Azione. Francesco Fancello, su indicazione di Lussu, allora assente, propone un patto federativo con il Partito d’Azione che è approvato, bloccando sul nascere ogni “deviazione” separatista.

Il 18 gennaio 1945 in Piazza Yenne, a Cagliari, a seguito di alcune voci che invitavano i giovani sardi alla chiamata alle armi per compiti di facchinaggio a fianco degli alleati, il movimento giovanile sardista organizza una manifestazione di protesta che sfocia in disordini e arresti indiscriminati ai quali seguono altri assalti alle caserme e ai commissariati. Buona parte degli oratori e degli arringatori della protesta proviene dal movimento giovanile sardista.

Al congresso del marzo 1945, si contrappongono l’ala autonomista conservatrice, quella ideologicamente più liberal-democratica (Bellieni), quella favorevole a posizioni socialiste e marxiste (Lussu) e quella indipendentista. Lussu si esprime per il ripudio totale del separatismo e per l’abbraccio verso posizioni di economia di tipo socialista, in conformità con gli orientamenti che stava imprimendo al Partito d’Azione, con il quale il partito sardo era federato; trova, però, l’altro capo “storico”, Camillo Bellieni, totalmente contrario.

Si riesce, comunque, ad approvare un documento di compromesso fondendo le relazioni di Puggioni, Salvatore Cottoni, Gonario Pinna, Bartolomeo Sotgiu e Luigi Oggiano in cui si concorda per l’autonomia dell’isola nell’ambito di una repubblica federale e la riforma agraria. Prima della conclusione del congresso, Lussu, insoddisfatto, presenta un ordine del giorno della

sezione di Cagliari di chiara impronta azionista, che viene bocciato dai 2/3 dei delegati, provocando l’ira del combattente antifascista che abbandona la sala insieme ad altri della sua componente. La direzione uscente è comunque riconfermata e riuscirà a ricucire lo strappo con Lussu, qualche mese più tardi.

L’obiettivo di formulare uno statuto regionale autonomo è avviato con l’insediamento della Consulta Nazionale, il 29 aprile 1945 che, a composizione paritetica dei partiti, affiancava il lavoro dell’Alto Commissario governativo per la Sardegna. La discussione sullo statuto autonomo ebbe una svolta il 7 maggio 1946 con la proposta di Lussu  di estendere anche alla Sardegna lo Statuto siciliano che garantisce un’ampia autonomia ma la proposta viene bocciata e i consultori sardisti, contrariamente alle indicazioni della direzione del partito esprimono voto contrario. Lo Statuto speciale per la Regione Sardegna sarà approvato con Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 e rappresenta una vittoria dimidiata dell’autonomismo sardo in quanto nasce depotenziato rispetto al testo più avanzato proposto dalla Consulta regionale sarda dai consultori sardisti.

Alle elezioni per l’Assemblea costituente del 1946, il Psd’Az riesce a eleggere Emilio Lussu e Pietro Mastino. Entrambi costituiscono un gruppo parlamentare Autonomista insieme ai sette eletti del Partito d’Azione e al valdostano Giulio Bordon. Il partito dimostra una buona forza nel cagliaritano, ottiene 1/4 dei consensi nel nuorese, un indebolimento nel sassarese e, soprattutto, nella Gallura (7,5% su scala provinciale). Giovanni Battista Melis sostituisce alla direzione del partito il dimissionario Puggioni che preferisce dedicarsi al giornale Il Solco, diretto a Sassari da Bartolomeo Sotgiu. Emilio Lussu, fondatore del PSd’Az; nel secondo dopoguerra si batté strenuamente per un patto federativo con il Partito Socialista Italiano

Il 20 ottobre 1947, si era sciolto il Partito d’Azione che, in base alle direttive programmatiche del suo leader Emilio Lussu, era confluito nel Partito Socialista Italiano, per rafforzare il blocco delle sinistre. Le intenzioni di Lussu erano quelle di portare anche il Partito Sardo d’Azione nell’alveo del socialismo italiano, tramite un patto federativo, ma dichiarò di subordinare questa scelta all’esito di un nuovo congresso del partito. Ai sardisti, in vista delle elezioni politiche, è offerta l’adesione al Fronte Democratico Popolare nella composizione di liste comuni in funzione anti-democristiana e antiamericana ma il direttorio, riunitosi a Macomer il 18 febbraio 1948, respinge ogni possibilità di accordo coi socialcomunisti. Nelle elezioni del 18 aprile del 1948 il Psd’Az, subisce un vistoso arretramento di consensi (10,3% su base regionale) e riesce a eleggere soltanto un deputato, Giovanni Battista Melis e un senatore, Luigi Oggiano insieme a Lussu e Mastino, senatori di diritto in base alla III disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana.

pastedGraphic.png Pietro Matsino

A nemmeno un mese dalle elezioni, il direttorio fissa la data del nuovo congresso, da svolgersi a Cagliari il 3 e il 4 luglio. Un primo atto della battaglia interna è il congresso della sezione cagliaritana che vede il predominio dei lussiani e la sostituzione del presidente della sezione, Pietrino Melis, fratello di Giovanni Battista, con l’avvocato “lussiano” Giuseppe Asquer. Le mozioni depositate sono cinque: quella dei lussiani, denominata “mozione socialista autonomista”, la “mozione sardista” degli autonomisti, una mozione di matrice terzaforzista a firma di Gonario Pinna, una mozione della federazione giovanile cagliaritana e una presentata da Emilio Fadda, di orientamento conservatore. La prima, che intendeva il Psd’Az come partito di classe e inserito nel movimento internazionale della sinistra, fu sottoscritta oltre che da Lussu, da Dino Giacobbe, Giuseppe Asquer, Anton Francesco Branca, Armando Zucca, e si presentava particolarmente forte nella provincia di Cagliari, tradizionale bacino elettorale di Lussu; la seconda rivendicava l’adesione ai principi originari del sardismo e propugnava una sostanziale inconciliabilità con i partiti italiani, riceve il sostegno “esterno” di Camillo Bellieni ed è sottoscritta da Pietro Melis, Luigi Oggiano e anche da Pietro Mastino.

Il congresso si svolge nei locali della manifattura tabacchi. La relazione introduttiva del direttore Melis e la presentazione delle mozioni a opera di Armando Zucca e Luigi Oggiano subiscono varie interruzioni. Lussu, vistosi in minoranza, convoca i suoi seguaci e abbandona clamorosamente il congresso. La mozione sardista e quella di Gonario Pinna vengono unificate e si procede agli adempimenti congressuali; Piero Soggiu è eletto nuovo segretario.

L’ultimo congresso con la presenza di coloro i quali, 27 anni prima, avevano contribuito alla fondazione del partito, si conclude con una scissione. I lussiani raggiungono il vicino cinema Olimpia e fondano il Partito Sardo d’Azione Socialista che, presentatosi col proprio simbolo alle prime elezioni regionali otterrà il 6,6% e tre consiglieri regionali, sinché, nel novembre 1949 confluirà nel Partito Socialista Italiano.

pastedGraphic.pngAntonio Simon Mossa

Dal centrismo filodemocristiano al federalismo

La scissione dell’ala di sinistra ha per naturale conseguenza una complessiva svolta a destra del PsdAz che, alle elezioni regionali del 1949, conferma sostanzialmente i risultati delle politiche dell’anno precedente. A una perdita di consensi nel cagliaritano, roccaforte dei lussiani, fa da contraltare una ripresa nel sassarese (11%) e il 20% dei voti nella roccaforte nuorese. Con il 10,4% complessivamente ottenuto, sono eletti sette consiglieri regionali: Pietro Melis, Anselmo Contu, Piero Soggiu, Peppino Puligheddu, Luigi Satta, Alberto Mario Stangoni e Giangiorgio Casu.

Il partito entra nella giunta a guida democristiana di Luigi Crespellani, con Presidente del Consiglio Regionale il sardista Anselmo Contu, nonostante la contrarietà di Bartolomeo Sotgiu e Antonio Bua e, soprattutto di Gonario Pinna e Antonio Simon Mossa, che escono dal partito. Gli assessori sardisti si battono soprattutto sulle questioni riguardanti la riforma agraria e le entrate finanziarie. Nel partito, si fa notare una certa vivacità giovanile, in particolar modo ad opera di Marcello Tuveri, Marco Diliberto, Ignazio DeloguVirgilio Lai, Fernando Pilia e Michelangelo Pira, che diviene direttore de Il Solco.

Dopo il congresso del 1951, che riporta Giovanni Battista Melis alla carica di direttore, il PSdAz esce dalla giunta regionale e, alle elezioni politiche e regionali del 1953 subisce un crollo di consensi (7% e 4 seggi). Il partito rientra temporaneamente in giunta assieme alla DC sino al 1958, quando, alle elezioni politiche stringe una sfortunata alleanza alternativa ai due blocchi con il Movimento Comunità di Adriano Olivetti, con esito negativo.

Nel 1958, la giunta regionale, guidata dal democristiano Efisio Corrias istituisce un apposito assessorato al Piano di Rinascita della Sardegna, in attuazione dell’art. 13 dello statuto regionale. I sardisti Pietro Melis e Anselmo Contu entrano in giunta, rispettivamente all’Industria e al Turismo. Sulla scena politica regionale compaiono i nomi di Nino Ruiu, Sebastiano Brusco, Salvatore Sechi e Carlo Sanna. L’alleanza col Partito Repubblicano Italiano che consente a Giovanni Battista Melis di essere eletto alla Camera dei deputati alle elezioni politiche del 1963.

Negli anni sessanta fa scalpore il gesto di protesta del sindaco sardista di OllolaiMichele Columbu, che marcia a piedi verso Sassari, per protestare contro la destinazione verso l’industria chimica del Piano di Rinascita, a scapito del settore agricolo. Rientra nel PSdAz

l’architetto algherese Antonio Simon Mossa e, dalle pagine della Nuova Sardegna (spesso adoperando lo pseudonimo di Fidel) comincia a introdurre tematiche indipendentistiche, come il pericolo di estinzione della lingua sarda, il presunto neocolonialismo dello Stato italiano e il fondamento etnico dell’esigenza di autonomia della Sardegna. Nel 1965, Mossa e i suoi più stretti collaboratori (Ferruccio Oggiano, Antonio Cambule, Nino Piretta e Giampiero Marras) conquistano la federazione sassarese, sconfiggendo la componente del consigliere regionale Nino Ruiu. Simon Mossa oltre a smontare il paradigma della Rinascita, innovava profondamente il linguaggio politico e teorico del sardismo.

La linea politica di Mossa, tenacemente ostacolata da esponenti di primo piano come Armando Corona, Peppino Puligheddu e Nino Ruiu, sensibili alla alleanza col PRI di Ugo La Malfa, riesce a guadagnarsi l’appoggio di Michele Columbu, Giovanni Battista Melis e Piero Soggiu e, al XVI congresso del febbraio 1968, riesce ad ottenere una modifica dell’art. 1 dello statuto del partito, in senso federalistico: “Il Partito Sardo d’Azione è la libera associazione di tutti coloro i quali vogliono unirsi allo scopo di costituire una forza politica che abbia come meta l’Autonomia Statuale della Sardegna, ben precisata costituzionalmente, nell’ambito dello Stato Italiano concepito come Repubblica Federale”. La componente minoritaria abbandona progressivamente il partito, aderendo al Partito Repubblicano Italiano.

pastedGraphic.png Michele Columbu

Anni settanta: i consensi al minimo storico 

Antonio Simon Mossa muore prematuramente nel luglio del 1971, lasciando il partito in mano alla vecchia guardia rappresentata da Melis, Soggiu, Contu e Michele Columbu. I sardisti accettano la proposta di PCI e PSIUP per un’alleanza elettorale alle politiche del 1972. Columbu è eletto deputato e si iscrive al gruppo misto comprendente gli autonomisti della Valle d’Aosta e del Trentino-Alto Adige.

Nel 1974, Columbu subentra a Melis alla segreteria del partito. Pochi mesi dopo, le elezioni regionali rappresentano una disfatta per il Partito Sardo d’Azione, nonostante una candidatura carismatica come quella di Michelangelo Pira. I suffragi non superano il 2,5% e l’unico sardista eletto al consiglio regionale è l’anziano Giovanni Battista Melis.

In quegli anni sorgono alcune realtà definite con il nome di “neosardismo”, come il circolo Città-Campagna, fondato a Cagliari da intellettuali come Antonello Satta e Eliseo Spiga, e il movimento Su Populu Sardu, fondato da Mario ed Elisabetta Carboni (1973) al quale aderiscono successivamente Gianfranco PintoreAngelo Caria, Diego Corraine e Lorenzo Palermo. Nel pieno degli “anni di piombo“, la preoccupazione di certi settori per la crescente diffusione delle tematiche indipendentiste fa sorgere un’inchiesta da parte del Servizio informazioni difesa (SID), sulla presunta esistenza di gruppi di guerriglia separatista orchestrati dal leader Michele Columbu e dai gruppi neosardisti.

Oltre al segretario Columbu, il partito si raccoglie nelle personalità di Carlo Sanna a Cagliari, Italo Ortu a Oristano, Mario Melis a Nuoro e Nino Piretta a Sassari, dove, nel 1975, si eleggono due consiglieri comunali. L’alleanza col PCI è confermata alle elezioni politiche del 1976. L’avvocato Mario Melis, fratello di Giovanni Battista, è eletto al Senato.

La seconda parte degli anni settanta registra le difficoltà dell’industria chimica, che rappresenta il perno dell’economia isolana. Gli impianti della SIR – Società Italiana Resine, di cui è proprietario Nino Rovelli, infatti, sono localizzati al nord (Porto Torres), al sud (Cagliari) e al centro (Ottana) dell’isola. Proprio il successo della petrolchimica, fiore all’occhiello del Piano di Rinascita, aveva assicurato l’egemonia politica e culturale della DC e l’affermazione dei quadri sindacali dei partiti di sinistra. Il suo declino fu forse la causa della ripresa delle tematiche sardiste, portate avanti dal PsdAz e dai movimenti indipendentisti, che si concentrarono sulla richiesta della zona franca fiscale e sulla tutela della lingua sarda. Nel 1977 si formò un comitato per la raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare sul bilinguismo che ebbe successo.

Alle elezioni politiche del 3 giugno 1979, il Partito Sardo d’Azione tocca il minimo storico con 17.673 voti alla Camera dei Deputati e 15.766 al Senato. Due settimane dopo, tuttavia, alle elezioni regionali, grazie al patto elettorale con il movimento Su Populu Sardu, sotto l’emblema dei Quattro Mori e la scritta “Libertade e Socialismu”, si riescono a raccogliere 30.238 voti, pari al 3,3% dei consensi e ad eleggere in Consiglio Carlo Sanna, Mario Melis e Nino Piretta, con un incremento dello 0,8% e di due seggi, rispetto alle precedenti regionali. Con lo scioglimento del movimento Su Populu Sardu, una parte consistente della sua dirigenza, tra i quali Carboni e Pintore, entrano nel PsdAz.pastedGraphic.png

Mario Melis

La definitiva scelta indipendentista e Mario Melis Presidente

Al rinnovato entusiasmo segue, nel 1980, una serie di successi elettorali nelle comunali di Cagliari, dove sono eletti Michele Columbu (anche sindaco per un solo giorno[23]) e Bachisio Morittu e a Sassari, dove il partito raddoppia la rappresentanza.

Porto Torres, tra il 5 e il 6 dicembre 1981 si celebra il XX congresso del Partito Sardo d’Azione, che delibera la modifica dell’art. 1 dello statuto, inserendo la parola “indipendenza” in luogo di “autonomia statuale”, senza più nessun riferimento allo stato italiano. Lo strappo totale con l’Italia provoca indignazione e accuse di fomentare un complotto separatista con l’aiuto della Libia.

Alle elezioni politiche del 1983 Mario Melis è eletto deputato e Giovanni Battista Loi senatore. L’anno successivo Michele Columbu entra nel Parlamento Europeo e alle elezioni regionali il partito consegue il 13,8% e dodici consiglieri. Melis opta per il Consiglio regionale lasciando il seggio di deputato a Giovanni Battista Columbu. Sono eletti anche Giorgio Ladu e Franco Meloni. La maggior parte dei consensi arrivano dalle maggiori città dell’isola: a Cagliari e a Sassari il Psd’Az, infatti, sfiora il 20%. Sono, quindi, i ceti appartenenti al mondo imprenditoriale e artigianale e a quello delle professioni che guardano con interesse i sardisti, mostrando diffidenza verso le politiche economiche dello Stato italiano.

La presidenza della Regione tocca a Mario Melis, che inaugura una giunta di alternativa di sinistra. La presidenza Melis resta in carica per l’intero quinquennio con la formazione di tre giunte sorrette da una maggioranza di sinistra (PCI e PSI, PSDI e PRI). Alle elezioni comunali e provinciali del 1985 il partito cresce ancora; a Cagliari sono eletti nove consiglieri e a Sassari otto. Alle elezioni politiche del 1987 sono confermati alla Camera Columbu e Loi ed è eletto il segretario Carlo Sanna. Non si riesce ad attuare le proposte più care ai sardisti, e cioè l’istituzione della zona franca e la legge sul bilinguismo, bocciata l’ultimo giorno della legislatura per il voto contrario degli alleati comunisti.

Alla vigilia delle elezioni regionali del 1989 il leader sassarese Nino Piretta è arrestato con l’accusa di concussione e truffa. Il Psd’Az ha un calo minimo di voti ma perde due seggi ed è superato dal Partito Socialista Italiano. Ciò permette alla DC di tornare al governo regionale con una maggioranza coerente con quella del quadro nazionale.

LA GIUNTA REGIONALE CON I PROGRESSISTI

Il partito si presenta all’appuntamento del XXIII congresso (8-9 dicembre 1989) radicato in tutta la Sardegna con centinaia di amministratori e un ceto intellettuale piuttosto attivo, riunito attorno alla testata “Il Solco” che aveva ripreso le pubblicazioni. diretto da Gianfranco Pintore. Carlo Sanna è rieletto segretario. Le amministrative del 1990, tuttavia, si rivelano un insuccesso,

soprattutto a Cagliari. Le difficoltà non cessano né durante la segreteria di Efisio Pilleri, espressione dei rinnovatori, né durante quella del subentrante Giorgio Ladu.

Alle elezioni politiche del 1992, l’imprenditore di Porto Torres Giancarlo Acciaro è eletto alla Camera e, al Senato, il cardiochirurgo Valentino Martelli. Pochi giorni dopo l’insediamento, tuttavia, Martelli lascia il gruppo autonomista per il Partito Liberale. Il segretario Giorgio Ladu, strenuo sostenitore della candidatura, si dimette. Gli succede Italo Ortu che deve fronteggiare l’uscita dal partito dei consiglieri regionali Bachisio Morittu, Giorgio Murgia e del cantautore Piero Marras che aderiscono, insieme ad alcuni ex-comunisti, al gruppo “Rinascita e Sardismo”; altri militanti e dirigenti passano a Sardigna Natzione,

Alle elezioni del politiche del 1994, il Psd’Az si presenta all’interno di un cartello regionale denominato “Alleanza Federalista”, comprendente anche socialisti e partiti laici, senza alcun risultato positivo. La sconfitta induce Ortu alle dimissioni. Nell’aprile è eletto segretario l’ex-parlamentare Giancarlo Acciaro che, pochi giorni dopo è arrestato per corruzione; verrà pienamente assolto dieci anni più tardi ma, nel frattempo, la segreteria è affidata a Cecilia Contu, figlia di Anselmo ed ex-presidente della Provincia di Cagliari.

La Contu guida il partito all’appuntamento delle elezioni regionali dello stesso anno. Con la candidatura a presidente dell’insegnante di Santa Teresa Gallura, Pasqualina Crobu, il Psd’Az ottiene un buon risultato riesce a eleggere quattro rappresentanti ed entra nelle giunte progressiste di Federico Palomba con gli assessori Giacomo Sanna ai Trasporti ed Efisio Serrenti alla Pubblica Istruzione. Si approvano importanti provvedimenti quali la legge sulla tutela della lingua sarda (n. 27 del 1998) proposta da Serrenti, la legge di riforma delle province e la bandiera regionale su proposta del capogruppo sardista Salvatore Bonesu.

Per le elezioni politiche italiane del 1996, il nuovo segretario Lorenzo Palermo sigla un accordo con L’Ulivo che consente di eleggere al Senato Franco Meloni. L’anno successivo, tuttavia, i sardisti abbandonano il governo regionale, per contrasti col presidente Federico Palomba intenzionato ad allargare la giunta alla sinistra estrama di rifondazione comunista. Il Psd’Az si trova a un bivio: o la ricucitura col centrosinistra o una difficoltosa alleanza con il centrodestra per la presenza di Alleanza Nazionale.

DAL CARTELLO INDIPENDENSTA ALL’ALLEANZA CON IL CENTRODESTRA

Alle elezioni regionali del 1999 i sardisti scelgono di correre da soli candidando alla presidenza il loro leader Franco Meloni. L’8,3% di voti su base regionale è accompagnato dal dimezzamento delle preferenze nei listini provinciali che determina la perdita di un consigliere. Il partito discute sull’opportunità di fornire un appoggio esterno al centrodestra per formare una giunta di maggioranza. In quest’ottica Efisio Serrenti viene eletto alla Presidenza del Consiglio Regionale. Tuttavia  Giacomo Sanna e il nuorese Pasqualino Manca votano contro e nel partito si va incontro ad una dolorosa scissione. Serrenti, con Cecilia Contu, Antonello e Mario Carboni, fondano la corrente Sardistas all’interno del Partito che vede l’adesione di numerosi sardisti tra cui Italo Ortu e Tonino Bussu di Ollolai. L’intenzione è quella di superare l’opzione 

a sinistra, sancita negli anni della giunta Melis, e riportare il PSd’Az alle sue pozioni originali, espresse da Bellieni nel 1921, di equidistanza da tutti gli schieramenti italiani, prediligendo alleanze elettorali basate sull’attuazione dei programmi sardisti e sul progetto federalista.

La scelta di creare la corrente Sardistas anziché  mitigare la diaspora, come nelle intenzioni dei fondatori, crea una serie di ulteriori incomprensioni che da origine a insanabili contrasti col Presidente Meloni e la corrente Sassarese di Giacomo Sanna, storica alleata di quella Serrentiana. Per uscire dallo stallo, una buona parte dei Sardistas, guidata da Efisio Serrenti, è costretta ad uscire dal Partito, in attesa di rientrare in un auspicato prossimo futuro congresso, richiesto e però sempre rifiutato dal Presidente Meloni, e si costituisce in movimento. In seguito a causa del permanere dei  contrasti da vita alla formazione del nuovo soggetto politico Fortza Paris con PPS e UPS. 

L’anno successivo, nel 2000, il candidato sindaco di Sassari, Leonardo Marras, è sconfitto da Gianvittorio Campus del centrodestra. Giacomo Sanna è eletto alla segreteria.

I contrasti col centrosinistra portano il Psd’Az a elaborare un’alleanza con tutti i soggetti indipendentisti sardi, presentando, alle politiche del 2001 il cartello elettorale Sardigna Natzione ma con modesti risultati. Alle regionali del 2004 il partito si oppone alla candidatura di centrosinistra del fondatore di Tiscali Renato Soru, presentandosi alla guida del polo indipendentista sotto l’insegna “Sardigna Libera” ma, nuovamente, con scarso successo. Il segretario Giacomo Sanna manca l’elezione e sono eletti due soli consiglieri, Beniamino Scarpa e Giuseppe Atzeri. Sanna si presenta in un collegio lombardo sotto le insegne della Lega Nord alle politiche del 2006 e, nel dicembre dello stesso anno, lascia la carica di segretario. È eletto presidente nazionale e gli succede alla segreteria Efisio Trincas.

Trincas prende contatti col centrodestra e, alle elezioni regionali del 2009, il PSd’Az si presenta in collegamento con il candidato di centrodestra Ugo Cappellacci ma la minoranza di sinistra esce dal partito e si schiera, con la lista “Rossomori”, nella coalizione di centrosinistra del presidente uscente Soru.

La scelta di Trincas, tuttavia, ha successo. Ugo Cappellacci è eletto presidente e il Partito Sardo d’Azione rientra in giunta dopo quindici anni di opposizione, conseguendo il 4,3% dei suffragi e l’elezione di cinque consiglieri regionali. Il sindaco di Dorgali Angelo Carta, è assessore, prima ai Lavori Pubblici e poi Trasporti, dove gli succede, qualche anno più tardi, il cagliaritano Christian Solinas. Di difficile decifrazione il risultato delle elezioni provinciali del 2010: a un aumento generale di consensi (il 6.5% su scala regionale), corrisponde la conquista della sola amministrazione provinciale di Oristano, con l’esclusione del partito da tutte le amministrazioni comunali dei centri capoluogo.

Alle elezioni regionali del 2014 l’alleanza con la coalizione di centro-destra, guidata sempre da Cappellacci, è confermata. La sconfitta della coalizione e la riduzione del numero dei consiglieri (da 80 a 60) determina il restringimento della rappresentanza a soli tre consiglieri, pur avendo il partito aumentato i consensi al 4,67%. La fase post-elettorale vede emergere diverse tensioni tra le componenti, riguardo alla segreteria di Giovanni Colli, che si dimette nel luglio 2014. Nel marzo 2015 il consiglio nazionale del partito elegge nuovo segretario Giovanni Columbu, figlio

di Michele. Il congresso dell’autunno dello stesso anno vede l’affermazione della componente guidata dal consigliere cagliaritano Christian Solinas, che nel novembre viene eletto segretario, il più giovane a ricoprire questa carica dal secondo dopoguerra.

L’alleanza con la Lega e l’elezioni regionali e suppletive[modifica | modifica wikitesto]

Alle elezioni politiche del 2018 il Partito Sardo d’Azione stringe un accordo con la Lega per l’inserimento dei suoi candidati nelle liste elettorali leghiste. Christian Solinas viene così eletto senatore nella circoscrizione Sardegna. Il 23 novembre di quell’anno il leader leghista Matteo Salvini presenta il 34º congresso del PSd’Az a Cagliari insieme a Solinas in vista delle regionali di febbraio. L’alleanza viene contestata dalla corrente di sinistra del PSd’Az. 

pastedGraphic.png Christian Solinas

Alle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale della Sardegna del 24 febbraio 2019 il PSd’Az presenta il proprio segretario Christian Solinas come candidato alla presidenza della Regione, in alleanza con il centro-destra. Lo schieramento risulta vincente con il 47,81% dei voti e Solinas viene eletto presidente; il partito con il 9,9% ottiene 7 seggi ed è risultata la seconda forza della coalizione dietro alla Lega.

Solinas lascia il seggio da senatore, privando dunque il partito della rappresentanza a Palazzo Madama che però viene riconquistata l’anno successivo, nel mese di settembre: alle suppletive per il seggio uninominale del collegio uninominale Sardegna – 03 (con Sassari come centro più importante) tenutesi per assegnare il seggio lasciato vacante da Vittoria Bogo Deledda (M5S), deceduta il 17 marzo 2020, il Psd’Az vede eletto il suo esponente Carlo Doria alla guida della coalizione di centro-destra.

Elenco dei Segretari Nazionali del Partito Sardo d’Azione*

·

 Camillo Bellieni

    (Aprile 1921 – Gennaio 1922)

·      Paolo Pili

    (Gennaio 1922 – Ottobre 1922)

·      Luigi Oggiano

    (Ottobre 1922 – Marzo 1923)

·      Salvatore Sale

    (Marzo 1923 – Settembre 1925)

·      Ugo Pais

    (Settembre 1925 – 1926)

·      Luigi Battista Puggioni

    (1926 – Settembre 1943 – Giugno 1945)

·      Giovanni Battista Melis

    (Giugno 1945 – Luglio 1948)

·      Piero Soggiu

    (Luglio 1948 – Maggio 1951)

·      Giovanni Battista Melis

    (Maggio 1951 – Novembre 1953)

·      Pietro Mastino

    (Novembre 1953 – Aprile 1957)

·      Giovanni Battista Melis

    (Aprile 1957 – Febbraio 1974)

·      Michele Columbu

    (Febbraio 1974 – Febbraio 1979)

·       Carlo Sanna

     (Febbraio 1979 – Luglio 1990)

·       Efisio Pilleri

     (Luglio 1990 – Giugno 1991)

.        Giorgio Ladu

     (Giugno 1991 – Aprile 1992)

·        Italo Ortu

     (Giugno 1992 – Aprile 1994)

·        Giancarlo Acciaro

     (16 aprile 1994 – 27 aprile 1994)

·        Cecilia Contu

     (Aprile 1994 – Dicembre 1995)

·        Lorenzo Palermo

     (Dicembre 1995 – Luglio 1997)

·       Antonio Delitala

     (Luglio 1997 – Febbraio 1999)

·       Franco Meloni

     (Febbraio 1999 – Luglio 2000)

·       Giacomo Sanna

     (Luglio 2000 – Dicembre 2006)

·       Efisio Trincas

     (Dicembre 2006 – Dicembre 2009)

·       Giovanni Angelo Colli

     (Dicembre 2009 – Luglio 2014)

·       Giacomo Sanna

     (Luglio 2014 – Marzo 2015)

·       Giovanni Columbu

     (Marzo 2015 – Novembre 2015)

·       Christian Solinas

     (Novembre 2015 – Segretario Nazionale attuale)

* Dal 1921 al 1974 la denominazione della massima carica politica del Partito è Direttore Regionale; dal 1974 al 1981 è Segretario Politico; dal 1981 in poi è Segretario Nazionale.

  •   Nel Novembre 1957 Pietro Mastino venne eletto Presidente di un Comitato Esecutivo per la riorganizzazione del Partito.
  •  Dal Luglio 2014 al Marzo 2015 le funzioni del Segretario Nazionale sono state attribuite ai sensi dell’Art. 19 dello Statuto al presidente Giacomo Sanna.

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